lunedì 3 febbraio 2014

a pagina 97 del romanzo

Lei conosce bene la possibilità che una nuova Suez, che un nuovo passaggio si apra per nuove rotte. Il ritiro dei ghiacciai e dell’artico sta aprendo delle nuove rotte tra l’Asia, l’America e il Nord Europa che passano per il , diciamo, Polo Nord.



da La Voce di Trieste 30 gennaio 2014


Noi lo scriviamo da almeno un anno, ma l’indisponibilità od inettitudine dei politici locali a capire di traffici e porti internazionali sembra impermeabile anche a questo problema sovrano del futuro del Porto Franco di Trieste.
In sostanza, sta avvenendo un mutamento epocale che sinora si era avuto solo con l’apertura del Canale
di Suez che ha fatto le fortune di Trieste, ed accade in alternativa ad esso: la rapida riduzione climatica della banchisa apre la rotta artica, rendendola praticabile per periodi sempre più lunghi dell’anno.
Si sta aprendo cioè la rotta che collega l’Europa alle coste occidentali delle Americhe, al Giappone ed alla Cina consentendo alle navi di raggiungerli nel Pacifico settentrionale direttamente dai porti del Mare del Nord e del Baltico, lungo le coste russe, in 30-35 giorni invece dei 48 della rotta di Suez, come bene si vede dall’illustrazione del Wall Street  Journal che pubblichiamo.

Questo significa dover prevedere uno postamento stagionale crescente, ed abbastanza rapido, di grandi volumi di traffico marittimo delle merci con le Americhe, e con l’Estremo Oriente in particolare dalla rotta di Suez che arriva ai porti del Mediterraneo, a quella artica, che arriva ai porti del Baltico e del Mare del Nord, avvantaggiandoli.
Il che fa anche acquisire un ruolo europeo decisivo, ma sinora poco discusso, all’asse Baltico-Adriatico, come corridoio di trasporto terrestre delle merci dell’area l’area mediterranea, e dell’oltre-Suez più vicino
(Africa orientale, Arabia, India, Indocina, Indonesia) non solo con l’Europa nordorientale, ma anche e soprattutto con le Americhe, il Giappone e la Cina.
A questo punto si comprende dunque il perché vi siano da alcuni anni, come abbiamo già scritto innumerevoli volte, attività politiche italiane così intense per  postare lo sbocco dell’asse Baltico-Adriatico dai suoi terminali naturali e più logici di Trieste, Koper e Rijeka, ai porti della penisola italiana, ed a quali.
E si comprende meglio anche il perché delle operazioni politiche locali e nazionali per ridurre la capacità di lavoro potenziale enorme del porto franco di Trieste rifiutandosi di attivarne il pieno regime giuridico di favore fiscale, ed occupandolo con speculazioni edilizie ed immobiliari urbane e rigassificatori a terra. Come
il perché della necessità di Trieste e dei triestini di reagire finalmente e con la massima rapidità ed energia a
queste operazioni di strangolamento economico.
 Il comportamento delle teste di ponte politiche locali di queste operazioni ne sta rendendo inoltre evidente un altro aspetto molto interessante: oltre che allo sviluppo del porto di Trieste si stanno opponendo anche agli sviluppi, conflittuali o meno, di quello di Venezia.
E questo significa, in sostanza, favorire il dirottamento dell’asse Baltico-Adriatico molto più a sud, e precisamente sui porti della Campania, della Calabria e della Puglia, che sono per buona parte sotto il controllo della grande criminalità organizzata, che possiedono reti economiche e d’impresa internazionali
ed avanzatissime.
A differenza dall’inetto e non poco corrotto sistema politico ed istituzionale italiano, le cui operazioni contro il porto franco internazionale di Trieste pongono da alcuni anni anche degli interrogativi antimafia molto seri, ed ormai pubblici, ai quali si rifiutano però di rispondere politici, partiti, prefetti, procure. Come si diceva un tempo anche a Trieste: verfluchte Kombination..Ma farebbero bene a svegliarsi su questo problema anche i porti sloveno di Koper e croato di Rijeka, facendo fronte comune con Trieste.
[Ek.] 


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