Un lucido esperto di politica internazionale, un complesso
intrigo anglo-americano, personaggi ben delineati nel loro dilettantismo e
faciloneria, un fantasmatico tour in una città crocevia di popoli, affari e
personaggi occulti. Questi gli ingredienti che appaiono e scompaiono, come in
uno scenario teatrale dove ogni giornata scandisce un atto, nella eccellente
spy-story romanzata “L’Insurrezione di Trieste” di Leroy Jethro Gibbs,
nonostante qualche licenza artistica nel suo italo-triestino. Trieste, più di
altre città di confine tra l’Euramerica e l’Eurasia, è il suggestivo sfondo di
una rinnovata guerra di posizione tra potenze vecchie ed attuali, comunque
euro-americane. Il Porto e il TLT sono la posta in gioco ed il movimento
pericoloso o da strumentalizzare, da un lato per evitare che Trieste si
allontani da Roma, e dall’altro che non finisca nell’area eurasiatica (Germania
+ Russia). L’autore, sebbene attribuisca al vecchio comunista jugo-francese
Fouchè fin troppi neuroni rispetto a tutti gli altri personaggi, non fa
emergere il suo punto di vista – leggi linea politica - sui destini futuri,
ossia sulla “collocazione finale” di Trieste e, quindi dell’Europa. L’incontro
tra i due personaggi principali, una spia inglese e Fouchè, vuole
simboleggiare, comunque, che l’unica soluzione per una ri-fondazione europea
sta nel matching fra due mondi così diversi tra loro, ma tanto necessari l’uno
all’altro. Il filo rosso del romanzo è l’amore che Gibbs manifesta per Trieste
e la consapevolezza che solo i Fouchè, ossia i ‘foresti’, possono salvarla.
D’altra parte, questo ci dice la storia di questa bellissima, tragica ed
addormentata città.
Giorgio
Visto che ho fatto
bene a richiederti un commento/recensione.
Finalmente anch'io ho
compreso il senso del romanzo.
Spero tu ti sia
divertito a leggerlo.
Grazie Gibbs
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